Grizzlies To 48
19 giu 2019
camera vedi la fotogalleryChi non ha mai sognato almeno una volta nella vita di sentirsi un personaggio famoso, il vincitore di una competizione importante o più semplicemente di essere considerato molto bravo a fare qualcosa? Sognare non costa nulla, ma c’è il rischio di rimanere delusi se poi a valle ci accontentiamo di sognare senza provare a lanciarci in alcuna avventura. Il mondo dello sport, per rimanere ai sogni, è quello che più stimola la fantasia: calciatore, olimpionico, campione del mondo, record mondiale, insomma c’è solo l’imbarazzo della scelta per fantasticare. Ieri, senza che me ne rendessi conto, sono entrato in un sogno, l’ho vissuto, l’ho goduto, e quando mi sono svegliato era …vero. La presenza della Nazionale di Baseball a Torino per disputare una amichevole con i Grizzlies era un sogno fino a ieri. E’ stato come quel bambino che da sempre desidererebbe ricevere il modellino della Ferrari ed all’improvviso si ritrova davanti Vettel in carne ed ossa, con una rossa fiammante che gli chiede se vuole fare un giro. Va bene, sto giocando di metafore, ma l’esperienza di immergersi di persona, per un giorno, nel mondo dei “grandi” del pur “piccolo” baseball d’Italia è tale, che deve essere radiografata per vederci dentro, non accontentandosi di osservarla come in televisione. Gilberto Gerali, Alessandro Vaglio e Gigi Mignola sono di una disponibilità esagerata; superata l’impasse iniziale rotta da qualche giornalista navigato, le domande fioccano a dirotto poste soprattutto da non addetti ai lavori, incuriositi ed increduli di trovarsi davanti “all’allenatore di una nazionale”. Il tempo passa, la partita si avvicina, io mi preoccupo per gli intervistati immaginando che stiano sulle spine e li invito a lasciare la saletta. No, no, mi dicono, possiamo rimanere, ci fa piacere parlare del nostro sport e descrivervi come lo viviamo. Alla fine si alzano e sono loro a ringraziare me per avergli dato l’opportunità di questo incontro. Si capisce che amano questo sport, non è lavoro, non è vil denaro o immagine. E’ tutto pronto per l’inizio, ma uno, poi due, poi tre e infine quattro “autorita” del mondo della politica mi chiedono dello stadio, della squadra, dei progetti; gli spiego che il motore più potente che esista è quello della passione e se mi aiutano a mettere un po’ di benzina possiamo andare ancora più forte. Fino a ieri li vedevo solo sui giornali o in televisione, oggi sono io al centro della loro attenzione. La partita scorre, la gente fa festa sugli spalti, i fotografi continuano a pestare gli spikes a qualche giocatore transitando nei dugout, la televisione di Rai3 vuole fare le interviste on deck mentre i battitori si alternano nel box, insomma, ci sarebbe di che innervosirsi, ma nessuno dice nulla, anzi … Finisce la partita, il campo è invaso da ragazzini festosi che chissà per quale miracolo, invece di avventarsi sui giocatori, rimangono a distanza, tutti ordinati in attesa che finisca il debriefing di Gerali. Al suo via si scatena l’inferno. Gli eccessi di confidenza si sprecano e chiunque trova modo di chiacchierare come al tavolino di un bar. Sambucci mi racconta che il differenziale tra lanciatori di A2 e di A1 ha condizionato le performance in battuta di una squadra e dell’altra. Chi non è abituato a velocità anche di 90 miglia ha bisogno di alcuni turni per sincronizzarsi con tali velocità, e dall’altra parte succede lo stesso se una veloce rasenta una breaking ball. Vaglio mi parla del suo lavoro di commerciale, un coach mi chiede la foto per sua mamma, l’altro mi domanda di mio figlio. Nessuno ha troppa voglia di andare a casa subito, e la mia preoccupazione di salvaguardare un minimo di privacy cede fragorosamente al rifiuto di cenare in un angolo riservato,” siamo contenti se non ci sono barriere col pubblico” mi viene spiegato. Insomma, tornando alla metafora, su quella Ferrari mi sembra di esserci seduto sopra da una vita e Vettel sembra il mio vicino di casa, che mentre va via mi dice: “siamo stati benissimo, bravi, bel lavoro”, e capisco che è sincero. Quando lo stadio è quasi deserto, trovo il pretesto per fare un giro di controllo; i riflettori spenti trasmettono al prato un fascino misterioso, le luci di servizio in tribuna disegnano sculture con i seggiolini e il caldo del giorno comincia a cedere. Non sarebbe male dormire qui, in fondo sono un Orso, il verde è il mio ambiente; ah dimenticavo, il mio nome è Bear-To , sono la mascotte dei Grizzlies Torino, ed oggi ho vissuto “un giorno da grandi”.